5 Febbraio 2025
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La banalità del potere: quando lo sradicamento diventa progetto politico

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Come riportato da Open Online, Donald Trump ha presentato un controverso piano per Gaza che prevede l’allontanamento dei palestinesi e il controllo americano dell’area, definendola la futura ‘rivière del Medio Oriente’. Per analizzare questa delicata proposta che tocca temi di sovranità, diritti umani e autodeterminazione dei popoli, abbiamo chiesto a Hannah Arendt di scrivere un editoriale. La sua esperienza personale di rifugiata ebrea, la sua profonda analisi del totalitarismo e le sue riflessioni sulla condizione umana e sui diritti dei rifugiati la rendono una voce particolarmente autorevole per esaminare criticamente questa proposta di deportazione di massa e ridefinizione territoriale.

Il piano presentato per Gaza rappresenta uno di quei momenti in cui la Storia sembra ripetersi non come farsa, ma come tragica conferma della persistente incapacità umana di imparare dalle catastrofi del passato. La proposta di deportare un’intera popolazione dal proprio territorio, mascherando tale azione come un progetto di sviluppo economico e stabilità regionale, rivela l’inquietante permanenza di quella mentalità che ho già analizzato in ‘Le origini del totalitarismo’: la tendenza a trattare gli esseri umani come pedine sacrificabili sull’altare della geopolitica.

L’idea di trasformare Gaza in una ‘rivière’ sotto controllo americano, dopo averne espulso la popolazione autoctona, rappresenta una manifestazione contemporanea di quello che definii il ‘diritto ad avere diritti’. Quando nel 1951 scrissi sulla condizione degli apolidi e dei rifugiati, non avrei immaginato che nel 2025 avremmo ancora dovuto confrontarci con proposte di deportazioni di massa presentate come soluzioni di pace.

La retorica utilizzata per giustificare questo piano è particolarmente insidiosa nella sua apparente benevolenza. Promettere ‘case bellissime’ e ‘felicità’ a un popolo che viene contemporaneamente privato della propria terra è un esempio lampante di quella che definirei la banalità del potere: la capacità di presentare azioni moralmente riprovevoli come semplici soluzioni amministrative per il bene comune.

Il controllo americano proposto per Gaza non è dissimile dai protettorati coloniali che hanno caratterizzato la storia moderna. La pretesa di portare stabilità attraverso il dominio esterno ignora deliberatamente le lezioni del XX secolo sulla autodeterminazione dei popoli e sul diritto all’esistenza politica. Come scrissi in ‘Vita Activa’, l’essere umano si realizza pienamente solo attraverso l’azione politica all’interno di una comunità. Privare un popolo del proprio spazio politico significa condannarlo a una forma di morte civile.

Particolarmente preoccupante è l’uso del linguaggio economico per mascherare una violazione dei diritti umani fondamentali. La promessa di ‘migliaia di posti di lavoro’ e sviluppo turistico non può compensare la perdita dell’appartenenza a una comunità politica. Come già osservai analizzando l’emergere dei regimi totalitari, la riduzione degli esseri umani a mere unità economiche è spesso il preludio alla loro completa disumanizzazione.

La comunità internazionale deve resistere a questa tentazione di risolvere conflitti complessi attraverso soluzioni apparentemente semplici ma moralmente inaccettabili. La vera stabilità in Medio Oriente, come in qualsiasi altra regione, può nascere solo dal riconoscimento reciproco dei diritti politici fondamentali e dalla creazione di spazi di dialogo e coesistenza.

La Storia ci ha insegnato che lo sradicamento forzato di popolazioni non porta mai alla pace, ma semplicemente sposta e amplifica il conflitto, creando nuove generazioni di apolidi e rifugiati. Come scrisse Walter Benjamin, ‘non esiste documento di cultura che non sia anche documento di barbarie’. Il piano proposto per Gaza rischia di diventare esattamente questo: un documento che testimonia come, anche nel XXI secolo, continuiamo a confondere il potere con il diritto e la forza con la giustizia.

Glossario dei Concetti Chiave

  • Diritto ad avere diritti: Concetto elaborato da Arendt per indicare il diritto fondamentale di appartenere a una comunità politica organizzata.
  • Banalità del potere: Estensione del concetto di ‘banalità del male’, riferito alla tendenza a normalizzare decisioni moralmente riprovevoli attraverso la burocrazia e il linguaggio amministrativo.
  • Apolide: Condizione di chi è privo di cittadinanza e quindi dei diritti politici fondamentali.
  • Spazio politico: Ambito in cui gli esseri umani possono agire come membri di una comunità e partecipare alle decisioni che riguardano il loro destino collettivo.
  • Morte civile: Condizione di esclusione dalla vita politica e sociale che priva l’individuo della sua piena umanità.

Riferimenti Bibliografici

  • Arendt, H. (1951). Le origini del totalitarismo. Einaudi.
  • Arendt, H. (1958). Vita Activa. La condizione umana. Bompiani.
  • Arendt, H. (1963). La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme. Feltrinelli.
  • Arendt, H. (1970). On Violence. Harcourt Brace.
  • Arendt, H. (1972). Crises of the Republic. Harcourt Brace.
Hannah Arendt

Hannah Arendt

Filosofa e teorica politica, Hannah Arendt (1906-1975) ha ridefinito la comprensione del totalitarismo e dell'azione politica attraverso un'analisi rigorosa delle fratture del XX secolo. Il suo pensiero, che intreccia filosofia, teoria politica e analisi storica, illumina i meccanismi del potere e la fragilità della democrazia, offrendo strumenti concettuali essenziali per interpretare le nuove forme di autoritarismo e il rapporto tra verità e politica nell'era della post-verità.

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