11 Febbraio 2025
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Alan Turing analizza l’AI generativa: ‘I Large Language Models stanno davvero pensando?’

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Il dibattito sull’Intelligenza Artificiale Generativa e i Large Language Models sta ridefinendo il nostro rapporto con le macchine e la nostra comprensione dell’intelligenza. Per esplorare queste frontiere abbiamo realizzato un’intervista impossibile con Alan Turing, il visionario matematico che nel 1950 pose le basi teoriche dell’intelligenza artificiale con il suo celebre test. La sua pionieristica riflessione sulla possibilità che le macchine possano pensare, unita alla sua profonda comprensione sia degli aspetti matematici che filosofici della questione, lo rende l’interlocutore ideale per analizzare le sfide e le implicazioni dell’AI generativa contemporanea.

The Impossible Review: Professor Turing, lei nel 1950 si chiese se le macchine potessero pensare. Oggi abbiamo sistemi di AI generativa che sembrano capaci di conversare, creare arte e persino scrivere codice. Come valuta questi sviluppi alla luce del suo famoso test?

Alan Turing: È affascinante osservare come la domanda che posi più di 70 anni fa sia più attuale che mai. Questi Large Language Models stanno certamente mostrando comportamenti che all’epoca avrei considerato indicativi di pensiero. Tuttavia, dobbiamo essere precisi: il mio test non intendeva stabilire se una macchina fosse cosciente, ma se potesse esibire un comportamento indistinguibile dall’intelligenza umana in un contesto conversazionale. Da questo punto di vista, i moderni LLM stanno sicuramente superando soglie che all’epoca erano inimmaginabili.

TIR: Quindi lei ritiene che questi sistemi stiano effettivamente pensando?

AT: La questione è più sottile. Nel mio articolo ‘Computing Machinery and Intelligence’ sostenevo che chiedersi se le macchine ‘pensino veramente’ fosse una domanda troppo vaga per essere significativa. Preferisco concentrarmi su ciò che questi sistemi possono effettivamente fare. I moderni LLM dimostrano capacità straordinarie di elaborazione del linguaggio e generazione di contenuti, ma lo fanno attraverso metodi statistici sofisticati, non attraverso una comprensione nel senso umano del termine.

TIR: Ma questi sistemi sembrano mostrare creatività, una caratteristica che molti considerano uniquely human…

AT: La creatività non è necessariamente legata alla coscienza. Nel mio lavoro sulla morfogenesi ho dimostrato come patterns [motivi, modelli, schemi N.d.R.] complessi possano emergere da regole matematiche semplici. Similmente, ciò che chiamiamo ‘creatività’ nei sistemi AI potrebbe essere l’emergere di patterns interessanti da un vasto spazio di possibilità statistiche. La vera domanda è: possiamo distinguere tra una creatività ‘autentica’ e una simulazione convincente della stessa?

TIR: Quali sono le implicazioni etiche di questi sviluppi?

AT: Come matematico e filosofo, vedo due aspetti cruciali. Il primo è epistemologico: dobbiamo capire cosa significa veramente per una macchina ‘comprendere’ o ‘creare’. Il secondo è etico: anche se questi sistemi non sono coscienti nel senso umano, possono influenzare profondamente la società. La mia personale esperienza con la discriminazione mi ha insegnato l’importanza di considerare le implicazioni etiche dello sviluppo tecnologico.

TIR: Lei fu perseguitato per la sua omosessualità. Vede paralleli tra i pregiudizi umani e i bias nei sistemi AI?

AT: È una osservazione acuta che tocca un punto fondamentale. Proprio come gli esseri umani sviluppano pregiudizi basandosi sulle esperienze e informazioni a cui sono esposti durante la loro vita, i sistemi di AI ereditano “bias” dai dati con cui vengono addestrati. Se un sistema viene addestrato principalmente su testi scritti in epoche in cui certi pregiudizi erano comuni – ad esempio sul ruolo delle donne nella società o su determinate minoranze – tenderà a replicare questi stessi pregiudizi nelle sue risposte. È come se assorbisse gli stereotipi e le discriminazioni presenti nella sua “educazione”. La differenza cruciale, tuttavia, è che con le AI abbiamo la possibilità di intervenire direttamente su questi bias: possiamo analizzare i dati di training, identificare le distorsioni e correggerle metodicamente. È come avere accesso diretto al “processo educativo” della macchina. Nella società umana, al contrario, i pregiudizi sono profondamente radicati nella cultura e nelle istituzioni, rendendo il cambiamento molto più complesso e graduale. La mia esperienza personale di discriminazione mi ha insegnato quanto possano essere persistenti i pregiudizi umani, ma anche quanto sia importante lavorare attivamente per superarli. Con l’AI abbiamo l’opportunità – e la responsabilità – di evitare di replicare gli stessi errori del passato.

TIR: Guardando al futuro, cosa la preoccupa e cosa la entusiasma di più?

AT: Mi entusiasma vedere come le intuizioni matematiche che sviluppammo negli anni ’30 e ’40 abbiano portato a sviluppi così straordinari. La capacità di questi sistemi di processare e generare linguaggio naturale va oltre ciò che potevo immaginare. Tuttavia, mi preoccupa la tendenza ad antropomorfizzare queste tecnologie. Dobbiamo mantenere una chiara distinzione tra simulazione dell’intelligenza e intelligenza autentica, pur riconoscendo che questa distinzione potrebbe diventare sempre più sfumata.

TIR: Un ultimo consiglio per chi sta sviluppando questi sistemi oggi?

AT: Mantenete il rigore matematico ma non perdete di vista le implicazioni filosofiche e sociali. L’intelligenza artificiale non è solo una questione tecnica, ma una sfida che tocca l’essenza stessa di ciò che significa essere umani e pensare. E ricordate che, come dimostrai con il problema della decidibilità, ci saranno sempre limiti fondamentali a ciò che un sistema computazionale può fare.

Glossario dei Concetti Chiave

  • Test di Turing: Criterio proposto da Turing per valutare la capacità di una macchina di esibire un comportamento intelligente indistinguibile da quello umano
  • Large Language Models (LLM): Modelli di intelligenza artificiale basati su reti neurali addestrati su vasti corpus di testo per generare e processare linguaggio naturale
  • Problema della Decidibilità: Dimostrazione di Turing dell’esistenza di problemi matematici intrinsecamente non risolvibili attraverso procedure algoritmiche
  • Morfogenesi: Studio dei processi biologici che causano lo sviluppo di forme e patterns in organismi viventi
  • Bias Algoritmico: Tendenza dei sistemi di AI a riprodurre e amplificare pregiudizi e discriminazioni presenti nei dati usati per il loro addestramento. Per esempio, se un sistema viene addestrato su testi storici che riflettono pregiudizi di genere, potrebbe perpetuare questi stessi pregiudizi nelle sue risposte.

Riferimenti Bibliografici

  • Turing, A.M. (1950) ‘Computing Machinery and Intelligence’, Mind
  • Turing, A.M. (1952) ‘The Chemical Basis of Morphogenesis’, Philosophical Transactions of the Royal Society of London
  • Copeland, B.J. (2004) ‘The Essential Turing’, Oxford University Press
  • Hodges, A. (2014) ‘Alan Turing: The Enigma’, Princeton University Press
  • Davis, M. (2000) ‘The Universal Computer: The Road from Leibniz to Turing’, W.W. Norton & Company
Gian Mauro Zumbo

Gian Mauro Zumbo

Imprenditore seriale a cavallo tra trasformazione digitale, impatto sociale e turismo sostenibile, ho trasformato la mia cronica curiosità in professione. Tra un progetto e l'altro, mi sono lasciato catturare da una domanda: cosa direbbero i grandi del passato delle nostre sfide? È nato così un esperimento editoriale che usa l'impossibile come strumento d'indagine, mescolando ispirazione e immaginazione per creare ponti inaspettati tra epoche e saperi.

Alan Turing

Alan Turing

Matematico e crittografo britannico (1912-1954), Turing ha rivoluzionato le fondamenta del calcolo computazionale e dell'intelligenza artificiale attraverso un percorso intellettuale segnato da rigore matematico e audacia concettuale. La sua opera, dalla macchina universale alla riflessione sui limiti del pensiero meccanico, ha posto le basi teoriche dell'era digitale

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