Il tema dei referendum abrogativi nella consultazione dell’8 e 9 giugno, in particolare quello sulla cittadinanza, solleva questioni profonde sull’identità nazionale e l’appartenenza. Abbiamo chiesto a Italo Calvino, uno dei più brillanti narratori italiani del Novecento, di firmare questo editoriale impossibile.
La sua visione cosmopolita, il suo sguardo attento alle dinamiche sociali e la sua capacità di intrecciare realtà e immaginazione lo rendono un interprete ideale per esplorare il concetto di cittadinanza nell’Italia contemporanea. Calvino, che ha sempre riflettuto sulla complessità dell’identità italiana nelle sue opere, offre una prospettiva illuminante su cosa significhi realmente appartenere a una comunità nazionale in un’epoca di crescente mobilità globale.
Se immaginiamo l’Italia come una delle mie città invisibili, potremmo chiamarla Pentesilea, dove non si riesce mai a raggiungere il vero centro né a uscire definitivamente dai sobborghi – come chi vive qui da anni senza cittadinanza, mai completamente dentro né completamente fuori. O forse è più simile a Leonia, che si rinnova ogni giorno ma fatica a liberarsi del proprio passato. O ancora, potrebbe essere Fedora, che nel suo palazzo di metallo custodisce sfere di vetro con tutti i modelli di come la città era stata: mentre discutete di cittadinanza, forse dimenticate tutte le Italie che sono già state – quella dei migranti interni del dopoguerra, quella delle comunità straniere storiche, quella multiculturale che già esiste ma ancora non si riconosce.
Il referendum sulla cittadinanza che vi apprestate ad affrontare non è soltanto una questione di procedura amministrativa, di dieci anni contro cinque. È piuttosto un interrogativo sulla natura stessa della vostra città invisibile: quale Italia volete essere? Quella che si definisce attraverso lunghe attese e barriere invisibili, o quella che comprende che l’appartenenza si costruisce giorno dopo giorno, nella quotidianità condivisa?
Osservando il dibattito attuale, noto come la parola “cittadinanza” venga pronunciata con toni diversi, come se contenesse significati molteplici. Per alcuni è un tesoro da proteggere, per altri un diritto da estendere. Mi sembra che entrambe le posizioni condividano una convinzione: che la cittadinanza sia qualcosa di definito, di immutabile. Ma è davvero così?
Quando scrivevo “Le città invisibili”, immaginavo luoghi in continua trasformazione, le cui identità non potevano essere fissate una volta per tutte. Allo stesso modo, l’identità di un paese non è una fortezza da difendere, ma un racconto collettivo che si arricchisce con ogni nuovo narratore. Ogni persona che vive sul nostro territorio per cinque o dieci anni porta con sé non solo la propria storia, ma anche la possibilità di nuove storie da costruire insieme.
Il referendum vi chiede di scegliere tra dieci e cinque anni di residenza legale per ottenere la cittadinanza. Ma cosa significa realmente questa differenza? È forse nei secondi cinque anni che avviene qualche magica trasformazione? O non è piuttosto nei primi cinque che si costruiscono già le fondamenta di quell’appartenenza che chiamiamo cittadinanza?
Mi viene in mente Ersilia, un’altra delle mie città invisibili, dove gli abitanti tendono fili tra le case per segnare le relazioni che costituiscono la vita della città. Quando i fili diventano troppi, gli abitanti se ne vanno, ma lasciano dietro di sé lo scheletro della città: i fili e i sostegni dei fili. Non sono forse questi fili – le relazioni, gli affetti, il lavoro, la partecipazione alla vita comune – ciò che costituisce veramente la cittadinanza, più di un timbro su un documento dopo un certo numero di anni?
Osservo con curiosità come il dibattito sia stato inquinato dalla strategia dell’astensione, promossa da chi governa. Questo mi ricorda un altro tema che mi era caro: la visibilità e l’invisibilità. Rendere invisibile un referendum è un modo per cancellare non solo una consultazione democratica, ma anche le persone a cui quella consultazione si riferisce. Chi sono questi invisibili che vivono tra voi da cinque, sette, nove anni? Persone che contribuiscono alla vostra economia, alla vostra cultura, al vostro futuro, eppure rimangono sospese in una sorta di limbo legale, in attesa che il tempo – dieci anni! – li trasformi magicamente in “veri italiani”.
L’Italia che conosco, quella che ho raccontato nelle mie opere, è sempre stata un crocevia di culture, un palinsesto di storie sovrapposte, da quelle degli antichi greci e fenici fino ai migranti di oggi. La nostra identità nazionale non è mai stata qualcosa di statico, ma un processo in continuo divenire. Come nella mia “Cosmicomica”, dove tutto è in perenne evoluzione, anche l’essere italiano è una condizione evolutiva, non un fossile da preservare intatto.
Vi invito quindi a considerare questo referendum non come una questione di numeri – cinque o dieci – ma come una riflessione sul tipo di comunità che volete costruire. Una comunità che si definisce attraverso l’esclusione e l’attesa, o una che comprende che l’appartenenza è un processo reciproco, che si nutre di partecipazione e riconoscimento?
Andare a votare, qualunque sia la vostra scelta, significa innanzitutto rendere visibile ciò che alcuni vorrebbero mantenere invisibile: il fatto che la vostra comunità nazionale è già cambiata, è già diversa da come la immaginate, e che il futuro dell’Italia si sta già scrivendo attraverso le vite di tutti coloro che la abitano, indipendentemente dal passaporto che portano in tasca.
Come nelle mie “Lezioni americane”, vi suggerisco di guardare a questo referendum con leggerezza – non superficialità, ma quella leggerezza che permette di vedere le cose da una prospettiva diversa. L’Italia del futuro sarà inevitabilmente un mosaico di storie, identità e appartenenze. La domanda è solo se volete riconoscerlo ora o continuare a fingere che l’italianità sia qualcosa che si può misurare in anni di attesa.
Glossario
- Cittadinanza italiana: Status giuridico che definisce l’appartenenza di una persona allo Stato italiano, conferendole pieni diritti civili e politici.
- Referendum abrogativo: Strumento di democrazia diretta previsto dalla Costituzione italiana che permette ai cittadini di abrogare, in tutto o in parte, una legge esistente.
- Quorum: Percentuale minima di partecipazione (50%+1 degli aventi diritto) necessaria per la validità di un referendum abrogativo in Italia.
- Cosa cambia con il Sì al referendum?
- si riducono da 10 a 5 gli anni di residenza legale ininterrotta in Italia per la cittadina o il cittadino extra UE, già regolarmente soggiornante, che voglia presentare al Ministero dell’Interno la domanda di concessione della cittadinanza italiana.
- tutti gli altri requisiti non sono modificati dal Referendum:
reddito stabile ed elevato, conoscenza della lingua italiana,
non aver commesso reati, aver pagato le tasse, non essere pericoloso per la sicurezza della Repubblica. Quindi nessun automatismo. - ai 5 anni si aggiungono fino a 3 anni per l’esame della domanda
e perciò si passerà da 13 a 8 anni in totale. La cittadinanza si trasmette automaticamente ai figli minorenni conviventi in Italia, che così diventeranno cittadini prima. - i 5 anni di residenza erano già previsti in Italia fino al 1992 e lo sono negli altri Stati europei: Francia, Germania, Regno Unito, Svezia e Belgio.
- Se sono cittadino: Posso vivere in Italia senza speciali limiti. Posso votare e candidarmi alle elezioni regionali e nazionali ed accedere ai concorsi pubblici e alle professioni. Posso rappresentare l’Italia alle competizioni sportive. Posso accedere a borse di studio e a mutui.
- Le città invisibili: Opera di Italo Calvino pubblicata nel 1972, composta da descrizioni di città immaginarie che rappresentano riflessioni sulla società contemporanea.
Riferimenti bibliografici
- Calvino, I. (1972). Le città invisibili. Einaudi.
- Calvino, I. (1965). Le cosmicomiche. Einaudi.
- Calvino, I. (1988). Lezioni americane: Sei proposte per il prossimo millennio. Garzanti.
- Legge 5 febbraio 1992, n. 91 – Nuove norme sulla cittadinanza. Gazzetta Ufficiale.