22 Aprile 2025
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La Rosa e la Croce: l’addio impossibile di Pannella a Francesco

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Marco Pannella ci ha inviato questo commiato per Papa Francesco attraverso canali che la ragione non può comprendere ma che l’immaginazione può rendere possibili. La sua voce inconfondibile, provocatoria ma profondamente umana, risuona in queste righe dove il leader radicale si rivolge direttamente al pontefice scomparso.

Francesco,

Te ne sei andato anche tu, infine. Chi l’avrebbe detto che mi sarei ritrovato a scriverti dall’altra parte di questo confine impalpabile che chiamano morte? Io, l’anticlericale per eccellenza, che ho consumato la voce in Parlamento e nelle piazze contro il potere temporale della Chiesa, mi ritrovo oggi a riconoscere in te un compagno di strada. Strano, non trovi?

Non fraintendermi, Jorge Mario. Restiamo distanti su questioni fondamentali. Ma in questo luogo dove il tempo si disperde come nebbia al sole, riconosco meglio le somiglianze che ci hanno accomunato, pur partendo da rive opposte dello stesso fiume.

La tua “Chiesa in uscita”, i tuoi “pastori con l’odore delle pecore” – che linguaggio, Francesco! Parole che hanno il sapore della concretezza, che richiamano corpi, non astrazioni teologiche. Mi ricorda quando dicevo che la politica deve sporcarsi le mani, deve scendere nelle piazze, nei luoghi di sofferenza. Due vocabolari diversi per esprimere la stessa urgenza: l’urgenza di un’autenticità che si fa carne.

Io ho conosciuto la forza del digiuno nei miei scioperi della fame e della sete che consumavano il mio corpo davanti al Parlamento. Tu hai predicato il digiuno come strumento spirituale, invitando i fedeli a digiunare per la pace in Siria, per il clima, per la pandemia – hai capito il potere di questa rinuncia che io usavo come arma politica. Entrambi abbiamo usato il corpo come testimonianza, come strumento di comunicazione. Tu lavando i piedi ai carcerati, io consumandomi per i diritti di quegli stessi detenuti. Corpi politici, i nostri. Corpi che parlavano quando le parole non bastavano più. Tra le nebbie del tempo, mi è rimasta impressa quell’immagine di te, solo, sotto la pioggia in Piazza San Pietro deserta durante la pandemia – un simbolismo potente, Francesco, degno delle nostre migliori manifestazioni radicali.

Ti ho osservato, sai? Ho visto come hai abitato il Vaticano rifiutandoti di abitare i palazzi. Come hai creato quel “Consiglio di cardinali”, un piccolo senato per governare la Chiesa in modo più collegiale. Mi ha ricordato quando predicavo la democrazia interna ai partiti contro i verticismi. E la tua riforma della Curia, la tua “Praedicate evangelium” – un tentativo di decentrare il potere, di aprire ai laici. Persino alle donne! La prima prefetta, la prima governatrice della Città del Vaticano – piccoli passi, certo, ma in una direzione che un vecchio anticlericale come me non può che apprezzare.

Mi hai fatto pensare a me stesso, talvolta. Spingersi oltre, sempre oltre, ma rimanendo dentro. Che fatica, che contraddizione vivente! Tu eri dentro la Chiesa per cambiarla, io dentro le istituzioni per rivoluzionarle. Stesso metodo, Francesco, opposte convinzioni.

Ricordo quando parlavi delle periferie non solo geografiche ma “esistenziali”, di chi è marginalizzato, dimenticato, e non ha voce in capitolo. Mi piaceva questa espressione, sa di vera politica, quella che guarda ai margini, agli scartati. L’ho fatto anch’io, a modo mio, portando nelle aule parlamentari le voci di chi non aveva voce: drogati, prostitute, carcerati. E mi è costato caro, come è costato a te quando certi cardinali ti guardavano storcendo il naso per il tuo impegno per i migranti, quando sei andato due volte a Lesbo – due volte! – mentre i nostri politici si giravano dall’altra parte. Siamo stati entrambi scomodi, ciascuno nel proprio mondo.

E la tua “Laudato si'”! Un’enciclica intera sulla salvaguardia del creato. La tua “ecologia integrale” mi ha fatto pensare alle nostre battaglie contro lo sterminio per fame nel mondo, quando marciavamo per i diritti dei popoli che ora voi chiamate “vulnerabili al cambiamento climatico”. Tu hai capito che non si può separare la questione ambientale dalla giustizia sociale. Hai persino convocato un Sinodo per l’Amazzonia! Quanto avrei voluto vederti al mio fianco durante un digiuno contro la fame nel mondo, mentre tu parlavi di “cura della casa comune”. L’avresti chiamata preghiera, io l’avrei chiamata politica radicale. Due linguaggi per una stessa urgenza di giustizia globale.

Sul potere e sulla ricchezza, poi, forse siamo stati addirittura alleati senza saperlo. La tua critica alla burocrazia vaticana, ai corridoi di potere della Curia, alle “malattie” che affliggono l’istituzione ecclesiastica mi ricordava le mie battaglie contro l’elefantiasi dello Stato, contro le istituzioni che diventano autoreferenziali. Entrambi sapevamo che le strutture di potere, quando s’ingessano, tradiscono la loro missione originaria. Tu parlavi di una “Chiesa in uscita” contro una Chiesa chiusa nei palazzi, io di una politica che torna nelle piazze contro quella chiusa nei ministeri. Stesso nemico, Francesco: l’istituzione che dimentica il suo scopo e serve solo a perpetuare se stessa.

Che dire poi delle nostre rispettive “eresie”? Tu eri considerato un eretico dai tradizionalisti, io un eretico della politica. Ci hanno messo ai margini, Francesco, spesso e volentieri. Eppure, da quei margini, abbiamo parlato più forte di chi stava al centro.

Non posso certo, nemmeno ora, dimenticare le nostre distanze. Tu hai aperto porte, ma non le hai spalancate. Hai parlato di accoglienza per i divorziati, per gli omosessuali con “Amoris Laetitia”, ma senza toccare la dottrina. Hai promosso la “sinodalità”, il dialogo, ma alla fine restavi pur sempre il Papa, l’autorità suprema. Hai parlato di autodeterminazione, ma hai continuato a negare alle donne il diritto di decidere sul proprio corpo. Mi diresti, con quella tua espressione seria da gesuita: “la verità rivelata non è negoziabile, Marco, anche se la misericordia ci chiede di accompagnare tutti”. E io ti risponderei: “è proprio qui che divergiamo, Francesco. Per me la verità non è data ma costruita attraverso la libertà. Non cerco misericordia, ma rivendico diritti”.

Mi fa sorridere pensare che qui, in questo altrove indefinibile, possiamo finalmente parlare liberamente. Io che ho lottato tutta la vita per lo Stato laico e tu che hai rappresentato quello che per me era l’ostacolo più grande: il potere spirituale che diventa potere temporale.

Eppure, Francesco, ti riconosco come un grande comunicatore, un maestro dei gesti simbolici, proprio come me. Tu con la tua Fiat 500, io con i miei scioperi della fame. Tu con la semplicità degli abiti, io con la trasparenza radicale della mia vita. Tu che celebri la messa del Giovedì Santo nelle carceri invece che in San Pietro, io con le mie proteste davanti a quelle stesse prigioni. Abbiamo entrambi compreso che la politica è anche teatro, è anche rappresentazione.

E quell’incontro con il patriarca ortodosso Kirill a Cuba, e la dichiarazione sulla fratellanza universale ad Abu Dhabi col grande imam di Al-Azhar – audaci, Francesco, audaci! Mi ricordano quando incontravo i “nemici” politici per cercare un terreno comune di dialogo. Abbiamo entrambi capito che i ponti si costruiscono andando verso l’altro, non aspettando che l’altro venga da noi.

Ti scrivo questa lettera impossibile perché, alla fine, credo che entrambi abbiamo amato profondamente l’umanità. L’abbiamo amata con ferocia, con ostinazione, con metodi radicalmente diversi. Tu pregando il tuo Dio, io invocando la dea Ragione. Ma l’abbiamo amata, questo è certo.

E ora che anche tu hai varcato questa soglia, forse potrai dirmi se avevi ragione tu a credere o io a dubitare. O forse, più probabilmente, scopriremo che la verità è più complessa di quanto entrambi potessimo immaginare.

Con rispetto, con la franchezza che mi ha sempre contraddistinto,

Marco

Glossario dei concetti chiave

  • Digiuno come testimonianza: pratica di protesta non violenta utilizzata da Pannella
  • Corpo politico: l’uso del corpo come strumento di comunicazione politica e testimonianza
  • Periferie esistenziali: espressione usata da Papa Francesco per indicare le condizioni di emarginazione e sofferenza umana
  • Chiesa in uscita: concetto chiave del pontificato di Francesco, che indica una Chiesa che va oltre i propri confini istituzionali per incontrare l’umanità
  • Chiesa povera per i poveri: visione di Francesco di una Chiesa che rinuncia ai privilegi e si mette al servizio degli ultimi
  • Laudato si’: enciclica di Papa Francesco dedicata alla cura del creato e all’ecologia integrale
  • Ecologia integrale: approccio che collega le questioni ambientali a quelle sociali, economiche ed etiche
  • Sinodalità: processo di ascolto e discernimento comunitario promosso da Francesco

Riferimenti Bibliografici

  • Bergoglio, J.M. (2013). Evangelii Gaudium. Esortazione apostolica
  • Bergoglio, J.M. (2015). Laudato Si’. Lettera Enciclica sulla cura della casa comune
  • Pannella, M. (2016). Una libertà felice. La mia vita
Marco Pannella

Marco Pannella

Politico, attivista e figura rivoluzionaria della scena civile italiana (1930-2016), ha incarnato per oltre mezzo secolo un modello unico di lotta non violenta e di radicalità democratica. Fondatore del Partito Radicale e promotore instancabile di battaglie per i diritti civili, ha introdotto in Italia forme innovative di protesta – dai digiuni alle manifestazioni non violente – trasformando il corpo stesso in strumento politico. La sua visione libertaria e antiproibizionista, le sue campagne per il divorzio, l'aborto, i diritti dei detenuti e contro la fame nel mondo hanno costantemente sfidato l'establishment politico e culturale. La sua concezione della politica come testimonianza e la sua capacità di coniugare principi assoluti e pragmatismo riformatore offrono una prospettiva preziosa sulle possibilità di trasformazione sociale nel contesto delle democrazie contemporanee.

Gian Mauro Zumbo

Gian Mauro Zumbo

Imprenditore seriale a cavallo tra trasformazione digitale, impatto sociale e turismo sostenibile, ho trasformato la mia cronica curiosità in professione. Tra un progetto e l'altro, mi sono lasciato catturare da una domanda: cosa direbbero i grandi del passato delle nostre sfide? È nato così un esperimento editoriale che usa l'impossibile come strumento d'indagine, mescolando ispirazione e immaginazione per creare ponti inaspettati tra epoche e saperi.

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