Nella ricorrenza dell’eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944, abbiamo inviato una richiesta impossibile a Virginia Woolf: esplorare il luogo storico divenuto sacrario attraverso il suo inconfondibile stile introspettivo. La scelta di Woolf non è casuale: la sua capacità di esplorare gli spazi intimi e di trasformarli in luoghi di significato trascendente la rende perfetta per indagare come un luogo di tragedia possa diventare uno spazio di memoria condivisa.
Vi sono luoghi nel mondo che custodiscono il silenzio. Non il silenzio comune, quello che si frappone tra una parola e l’altra, ma quel particolare silenzio che racchiude dentro di sé parole mai pronunciate, pensieri mai espressi, vite interrotte.
Le Fosse Ardeatine sono uno di questi luoghi—ma no, non luoghi. Sono ferite. Ferite scavate nella terra, dove la memoria italiana ha trovato dimora. O forse non l’ha trovata affatto. Forse vaga ancora, inquieta.
Cosa significa entrare in uno spazio che contiene 335 morti? Mentre cammino attraverso questi tunnel di tufo, osservo le pareti irregolari. Sembrano pulsare di storie non raccontate. Mi domando se un luogo possa davvero contenere la morte, o se invece sia la morte stessa a definirlo, a dargli un significato che trascende la sua mera fisicità. Le cave di pozzolana, animate un tempo dal lavoro degli uomini, sono diventate improvvisamente il teatro di una tragedia orchestrata con fredda precisione. Il tempo qui sembra piegarsi su se stesso: marzo 1944 non è realmente passato, ma rimane sospeso nell’aria, nelle pareti, nelle ombre.
Ho sempre sostenuto che ogni donna necessiti di una stanza tutta per sé per esprimere la propria creatività, ma devo ora riconoscere l’esistenza di stanze collettive, dove una nazione intera può ritrovare se stessa. Queste stanze non appartengono a individui, ma ad un insieme di coscienze, e parlano con la voce del tempo che scorre implacabile, eppure immobile nel ricordo.
La memoria ha bisogno di spazi fisici. Lo sappiamo bene noi tutti che viviamo attraverso le stanze – quelle della nostra infanzia, quelle dei nostri amori, quelle dei nostri dolori. Gli italiani hanno fatto di questo luogo di morte una stanza dei loro ricordi condivisi, un sacrario dove i dolori privati convergono in un’esperienza comune, dove momenti individuali di sofferenza si sono fusi in un singolo momento cristallizzato di barbarie che appartiene a tutti.
Un bambino in lontananza. Un bambino! Mi volto di scatto, cerco con lo sguardo. È con sua madre, ha gli occhi grandi, curiosi. Mi chiedo cosa gli abbiano detto per spiegare questo posto. Mi chiedo se comprenda. Se comprendiamo noi.
Quando si entra in questo spazio, si percepisce immediatamente un cambio di temperatura, non solo fisica, ma dell’anima. È un freddo diverso, che non appartiene alle stagioni, ma alla storia. È il freddo di quando la civiltà si interrompe, l’umanità si ritira e lascia spazio a qualcosa di oscuro e incomprensibile. Si cammina, e ad ogni passo si avverte un’eco che attraversa i decenni, rimbalzando dalle pareti di tufo fino a raggiungere il presente. I nomi incisi sulle tombe sembrano sussurrare, non parole, ma il semplice insistere di esistere.
Gli italiani hanno scelto di non separare i giustiziati: ebrei, cattolici, comunisti, militari e civili giacciono gli uni accanto agli altri, uniti da un destino comune che ha trasceso ogni differenza. È una lezione potente sulla futilità delle divisioni di fronte all’abisso della barbarie umana. La morte li ha resi uguali, e la memoria li mantiene così, in una fratellanza che la vita raramente concede.
Mi chiedo spesso se i luoghi conservino memoria degli eventi che vi si sono svolti. Se le pareti di una stanza trattengano in qualche modo le conversazioni che vi si sono tenute, i pensieri che vi sono stati pensati, le lacrime che vi sono state versate. Alle Fosse Ardeatine, la risposta… ma può esserci una risposta a domande come questa? Eppure qualcosa qui parla, qualcosa qui ricorda per noi. Qui, la memoria si è fatta pietra, cemento, e silenzio.
Il mausoleo che ora sovrasta le cave non è semplicemente un monumento ai morti, ma un monito ai vivi. La sua imponente presenza dice: “Questo può accadere quando l’umanità dimentica se stessa”. È una stanza della coscienza italiana, dove generazioni di persone sono venute e continuano a venire per confrontarsi con il proprio passato.
Nel vostro tempo, così ossessionato dal movimento e dal cambiamento, avete forse dimenticato l’importanza dei luoghi che restano immobili, che resistono al flusso incessante delle cose. Le Fosse Ardeatine sono lì, immutate, a ricordarci che vi sono eventi che non possono essere superati, ma solo contemplati nella loro verità per quanto terribile.
La trama comune dei ricordi è fragile, quasi un velo sottile soggetto ai venti della politica e alle correnti dell’oblio. Ciò che condividiamo del passato può svanire come la nebbia al mattino, lasciando solo isole di memorie private disconnesse tra loro. Eppure, finché esisteranno luoghi come questo, finché le stanze della memoria rimarranno accessibili e, si spera, venerate, qualcosa dell’umanità sarà salvato. Perché ricordare è un atto di resistenza, contro la semplificazione, contro la banalizzazione, contro l’indifferenza che troppo spesso sopraggiunge quando il tempo passa.
Mentre lascio questo luogo e ritorno alla luce del sole, porto con me il peso di ciò che ho visto, ma anche la consapevolezza che gli spazi fisici sono essenziali per la comprensione del nostro passato. Le Fosse Ardeatine non sono semplicemente una stanza della memoria italiana, sono una stanza in cui tutti noi, al di là delle nostre appartenenze e delle nostre fedi intellettuali, possiamo entrare per ricordare ciò che siamo capaci di fare nel peggiore dei casi, e ciò che dovremmo sforzarci di essere, nel migliore.
Glossario
- Fosse Ardeatine: Luogo di un eccidio nazista avvenuto a Roma il 24 marzo 1944, in cui furono uccisi 335 civili e militari italiani come rappresaglia per un attacco partigiano che aveva causato la morte di 33 soldati tedeschi.
- Cave di pozzolana: Antiche cave di un materiale vulcanico usato per la produzione di cemento. Le Fosse Ardeatine erano originariamente cave di questo tipo prima di diventare il luogo dell’eccidio.
- Rappresaglia: Ritorsione contro una popolazione civile in risposta ad azioni di resistenza o attacchi contro forze occupanti, pratica ampiamente utilizzata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e considerata un crimine di guerra.
Riferimenti Bibliografici
- Woolf, V. (1929). Una stanza tutta per sé. Hogarth Press.
- Woolf, V. (1925). La signora Dalloway. Hogarth Press.
- Portelli, A. (1999). L’ordine è già stato eseguito: Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria. Donzelli Editore.