Nel nostro consueto stile, abbiamo evocato lo spirito sardonico di Dorothy Parker, la celebre scrittrice, poetessa e critica letteraria americana le cui battute taglienti facevano tremare Broadway. Chi meglio di lei potrebbe commentare il “Liberation Day” annunciato per oggi? Questo giorno fatidico in cui Trump, con un colpo di penna, intende inaugurare la sua battaglia commerciale attraverso dazi universali che promettono di “liberare” l’economia americana dalle sue catene invisibili.
Il tema, che si preannuncia come un possibile terremoto per l’economia globale, come riportato da diverse testate tra cui Open, richiede proprio quello sguardo tagliente e quella capacità di smascherare con ironia le contraddizioni che hanno reso la Parker una delle voci più brillanti del secolo scorso. La sua esperienza come critica e la sua abilità nel ridicolizzare l’assurdità con elegante ferocia la rendono perfetta per decostruire questa complessa questione economica e le sue implicazioni politiche.
C’è qualcosa di poeticamente ironico nel chiamare “Liberation Day” il giorno in cui Donald Trump ha deciso di incatenare l’economia mondiale con dazi universali. Mi chiedo se non sarebbe stato più onesto chiamarlo “Retribution Day” o, perché no, “Se Non Posso Vincere Nessuno Vincerà Day”.
La data è stata annunciata con la stessa pomposità con cui si annuncia un lancio di missili, ma con meno dettagli di quanti ne fornirebbe un barista confuso sugli ingredienti del cocktail che sta preparando. “Entreranno in vigore immediatamente”, ci rassicura la portavoce Karoline Leavitt, come se stesse parlando di una pozione magica e non di un terremoto economico globale.
Osservo con fascino morboso questa commedia in atto unico, dove il protagonista – il nostro ex ed ora nuovamente presidente – ancora non ha imparato la sua parte, ma pretende che tutti gli altri attori si inchinino al suo improvvisato copione. Si parla di un’unica tassa del 20% su tutte le importazioni, un approccio così delicato quanto lanciare una granata durante una festa di compleanno e poi lamentarsi che nessuno applaude.
Credevano di aver scritto “The Art of the Deal”, ma stanno recitando “The Art of Shooting Yourself in the Foot”. Quando Trump definisce questo il giorno della liberazione, non posso fare a meno di chiedermi: liberazione da cosa, esattamente? Dal denaro nei portafogli dei consumatori americani? Dalle relazioni diplomatiche? Dal buon senso economico?
Le stime dicono che questa brillante manovra costerà a ogni famiglia americana almeno 3.400 dollari all’anno. È come pagare un abbonamento premium a uno spettacolo di varietà dove l’unico numero è un uomo che continua a inciampare sul proprio ego sovradimensionato.
I nostri partner commerciali – quelli che ancora hanno la pazienza di chiamarsi tali – non stanno prendendo questa novità sdraiati a prendere il sole. L’Unione Europea, il Canada e il Messico hanno già promesso ritorsioni. La politica estera di questa amministrazione mi ricorda il mio primo marito: costosa, dolorosa e destinata a finire in lacrime. I leader mondiali ora guardano all’America come si guarda un parente ricco con demenza senile: con un misto di paura, imbarazzo e il terrore che ti menzioni nel testamento per motivi sbagliati.
Particolarmente deliziosa è la matematica trumpiana dei dazi sovrapposti. Un’auto messicana potrebbe affrontare un’aliquota tariffaria del 52,5%. Presto sarà più economico acquistare uno yacht che una Chevrolet prodotta a Tijuana. Non vedo l’ora di assistere alla nascita di un fiorente mercato nero di Toyota Corolla.
La logica dietro tutto questo? “La spoliazione dell’America sarà finita”, proclama la Casa Bianca. Invece di essere spogliati da partner commerciali, ora saremo spogliati dalle nostre stesse politiche. È la magnificenza di gridare alla spoliazione dell’America mentre ci autoinfliggiamo una tassa sulla stupidità, pagabile in rate mensili da ogni consumatore americano.
Gli economisti, quei noiosi custodi della realtà matematica, avvertono che questo rimedio aumenterà i prezzi ovunque e colpirà duramente l’economia globale. Ma chi ha tempo per ascoltare gli esperti quando c’è uno slogan accattivante da brandire? “Make Allies Globally Angry” non ha lo stesso appeal, suppongo.
Il mio cocktail preferito è sempre stato il whisky sour, ma temo che presto dovremo abituarci tutti a un nuovo drink: il Dazio Amaro, servito con una fetta di inflazione e un pizzico di recessione globale.
Mi chiedo se, quando le bollette inizieranno ad aumentare e i posti di lavoro inizieranno a scomparire, il pubblico americano applaudirà ancora questo spettacolo. Dopotutto, come ho sempre detto, “Non puoi insegnare a un maiale a cantare; sprechi il tuo tempo e infastidisce il maiale”. Eppure, eccoci qui, tutti in attesa che l’economia suoni una melodia armoniosa sotto la bacchetta di un direttore d’orchestra che confonde il rumore con la musica.
Nel frattempo, io mi preparo per l’unica risposta razionale a questo caos imminente: un altro martini. Almeno finché possiamo ancora permettercelo!
Glossario
- Dazi: Imposte applicate alle merci importate dall’estero, utilizzate come strumento di politica commerciale per proteggere le industrie nazionali.
- Tariffe universali: Sistema di dazi applicato indistintamente a tutti i prodotti importati, senza differenziazione per paese d’origine o categoria merceologica.
- Liberation Day: Nome dato dall’amministrazione Trump al giorno di entrata in vigore dei nuovi dazi commerciali, presentato come momento di “liberazione” dell’economia americana.
Riferimenti Bibliografici
- Parker, D. (1944). The Portable Dorothy Parker.
- Meade, M. (1988). Dorothy Parker: What Fresh Hell Is This? Penguin Books.
- Day, B. (2004). Dorothy Parker: In Her Own Words. Taylor Trade Publishing.