La home page istituzionale della Casa Bianca ha subito una marcata personalizzazione. Lontana dall’austera sobrietà che tradizionalmente caratterizza la comunicazione visiva dell’istituzione presidenziale, la nuova versione del sito ci offre un’immagine che è al tempo stesso manifesto e dichiarazione d’intenti. Ciò che vediamo non è solo il ritratto di un presidente, ma un preciso atto comunicativo che merita di essere decodificato nelle sue scelte estetiche e simboliche.
Per capire come questa composizione visiva parli ai cittadini americani e al mondo, abbiamo chiesto a Roland Barthes, uno dei più influenti semiologi e critici del XX secolo, di analizzare questa immagine. La sua pionieristica analisi delle immagini pubblicitarie e politiche e i suoi studi sulla fotografia lo rendono la voce ideale per decifrare la retorica visiva di questa rappresentazione presidenziale, svelando i meccanismi attraverso cui il potere si manifesta visivamente nell’era digitale.
La fotografia che oggi domina il sito ufficiale della Casa Bianca non è semplicemente un’immagine politica; è un dispositivo mitologico completo. Ciò che osserviamo non è soltanto Donald Trump, ma la costruzione visiva di un racconto americano contemporaneo che merita di essere decodificato nei suoi elementi costitutivi e nel suo funzionamento semiotico.
Ogni immagine politica è un testo che contiene simultaneamente un messaggio denotato (ciò che mostra letteralmente) e un messaggio connotato (ciò che suggerisce culturalmente). Nel caso specifico, il messaggio denotato è semplice: un uomo in abito scuro che indica una direzione. Ma è nel piano della connotazione che questa immagine dispiega tutta la sua efficacia mitologica.
L’inquadratura a mezzo busto evita deliberatamente la totalità del corpo presidenziale. È un’inquadratura che suggerisce autorità senza evocare la vulnerabilità della figura intera. Quest’uomo è presentato come un busto, quasi scultoreo, reminiscenza dei monumenti ai grandi leader che popolano Washington. La posa con il dito puntato non è casuale: è un gesto che porta con sé una lunga tradizione iconografica che attraversa i manifesti di reclutamento militare (“I want YOU for U.S. Army”) e le rappresentazioni storiche di leader visionari che indicano l’orizzonte del progresso.

Ma questo dito non è diretto verso chi guarda – sarebbe un’interpellazione troppo diretta, quasi accusatoria. È rivolto verso un punto fuori campo, un futuro immaginario che solo lui sembra poter vedere. È una postura profetica: Trump si presenta come colui che non solo vede il futuro, ma lo indica con sicurezza agli altri.
I colori dell’immagine formano una triade cromatica perfettamente americana: l’abito blu scuro, la camicia bianca, la cravatta rossa. Questa palette non è semplicemente una scelta estetica, ma un significante immediato della nazione stessa. Trump non indossa semplicemente questi colori; li incarna, si fa letteralmente bandiera vivente.
Lo sfondo blu profondo, quasi nero, non è neutro. È l’oscurità da cui emerge la figura illuminata, creando un effetto che potremmo definire di “epifania politica”. Questa tecnica di illuminazione, che ricalca quella teatrale o cinematografica, trasforma il soggetto in una figura quasi soprannaturale che emerge dalle tenebre – un dispositivo visivo che suggerisce un’elezione non solo politica ma quasi messianica.
Lo slogan “AMERICA IS BACK” opera una doppia naturalizzazione: suggerisce che l’America abbia attraversato un periodo di assenza (o decadenza) e che il ritorno a una condizione originaria sia non solo possibile ma in atto. Questa retorica del “ritorno” è tipica dei miti politici restaurativi: si propone non una novità, ma un ripristino, un recupero di un’età dell’oro perduta. La formula stessa evita qualsiasi complessità: tre parole, soggetto-verbo-avverbio, un’affermazione che si presenta come autodimostrata, incontestabile.
La citazione sottostante introduce invece il corpo e il respiro (“with every breath in my body” – “con ogni respiro del mio corpo”) nella rappresentazione altrimenti disincarnata del potere. È un tentativo di umanizzare la figura mitica, di darle un’apparenza di dedizione corporea. Ma questo corpo evocato dalla citazione non è il corpo vulnerabile e mortale del politico; è un corpo metaforico, un corpo-strumento al servizio di una missione.
E il “combatterò” (“I will be fighting for you every single day” – “combatterò per te ogni singolo giorno”) aggiunge una dimensione bellica a questa corporalità, trasformando il corpo presidenziale in un campo di battaglia simbolico dove si gioca la restaurazione nazionale. Non è il corpo che invecchia o soffre; è il corpo-emblema che lotta per riportare un’America mitologica.
L’espressione “golden age” nella citazione, completa il dispositivo mitologico: richiama non solo un passato idealizzato, ma anche una dimensione quasi religiosa – l’età dell’oro delle mitologie classiche, il paradiso perduto delle narrazioni religiose. Questa formulazione trasforma un progetto politico in una promessa escatologica, in una redenzione nazionale.
Ciò che questa immagine rappresenta, in definitiva, non è tanto Trump quanto il “trumpismo” come sistema mitologico. È una costruzione semiotica che naturalizza una visione politica presentandola come inevitabile ripristino di un ordine naturale. La sua efficacia risiede precisamente nella sua capacità di mascherare la propria natura costruita, presentandosi come semplice verità visiva.
Il mito, come ho sempre sostenuto, non nega le cose; al contrario, la sua funzione è di parlarne, di purificarle, di renderle innocenti, di fondarle nella natura e nell’eternità. Ciò che osserviamo in questa immagine non è solo un cambio di guardia alla Casa Bianca, ma una riconfigurazione del mito americano stesso, un tentativo di ricodificare visivamente l’immaginario nazionale attorno a un singolo corpo politico che si fa, simultaneamente, strumento e incarnazione del destino collettivo.
Glossario dei concetti chiave
- Mito: Per Barthes, un sistema semiologico di secondo grado che trasforma significati culturali in fatti apparentemente naturali; un modo di comunicazione che naturalizza concetti storici e contingenti.
- Denotazione: Il significato letterale, oggettivo di un segno o di un’immagine; ciò che l’immagine mostra direttamente.
- Connotazione: I significati culturali, sociali o emotivi associati a un segno oltre al suo significato letterale; i valori e le idee suggerite implicitamente.
- Naturalizzazione: Processo attraverso cui significati storicamente e culturalmente costruiti vengono presentati come naturali, inevitabili o universali.
- Dispositivo mitologico: L’insieme dei meccanismi semiotici attraverso cui un mito viene costruito e trasmesso.
- Significante/Significato: Nella teoria di Barthes, questi termini descrivono i due componenti di un segno. Il significante è la forma (ciò che vediamo o sentiamo), mentre il significato è il concetto associato. Barthes mostra come, nel mito, un intero segno possa diventare il mattone per costruire un nuovo significato più ampio, spesso legato a ideologie culturali.
Riferimenti bibliografici
- Barthes, R. (1957). Mythologies. Éditions du Seuil.
- Barthes, R. (1964). Rhétorique de l’image. Communications, 4, 40-51.