Il tema che si pone è una riflessione critica sul pacifismo, interrogandosi sulla genuina natura di chi professa ideali di pace e sulle contraddizioni insite nel concetto di “pace giusta”, che potrebbe mascherare una resa di fronte alla forza dell’invasore. Abbiamo chiesto a Friedrich Nietzsche, filosofo tedesco del XIX secolo noto per il suo pensiero incisivo e provocatorio sulla morale, la volontà di potenza e la critica dei valori tradizionali, di esprimere il suo punto di vista in questa intervista impossibile.
Signor Nietzsche, qual è la sua opinione riguardo ai movimenti pacifisti e alla loro visione della pace come valore assoluto?
La vostra domanda già tradisce un’ingenuità tipicamente moderna! Voi cercate opinioni quando dovreste cercare diagnosi. Non si tratta di essere favorevoli o contrari al pacifismo, ma di comprendere cosa si cela dietro ogni morale, ogni ideale. Dietro ogni morale si nasconde una volontà di potenza. Il problema dei pacifisti è che spesso non sono consapevoli della loro stessa volontà di potenza, o peggio, la dissimulano sotto ideali edificanti. Non è la pace in sé che sottopongo al mio martello filosofico, ma l’ingenuità – o la malafede – di chi crede che la pace possa esistere al di fuori dei rapporti di forza.
Cosa intende quando parla di “rapporti di forza”?
La vita stessa è volontà di potenza! Chi non comprende questo principio fondamentale è condannato a interpretazioni puerili dell’esistenza. Credete davvero che un fiore cresca per ornare il vostro giardino? No! Cresce per soffocare le piante accanto a sé, per rubare loro la luce del sole! La vita non tende alla mera conservazione, come credeva darwinianamente il buon vecchio Spencer, ma al potenziamento. In ogni essere vivente agisce questa volontà di espansione, di imposizione, di crescita a spese di altri. Il pacifista che ignora questa legge fondamentale della vita è come un fisico che ignora la gravità.
Quando lei afferma che “la vita stessa è volontà di potenza” e che i pacifisti non sono consapevoli della loro stessa volontà di potenza, sta suggerendo che il pacifismo possa essere interpretato come espressione di una particolare debolezza o incapacità di riconoscere la natura fondamentale dell’esistenza?
Precisamente! Il pacifismo è impotenza mascherata da virtù! Guardate il pacifista: la sua debolezza, la sua incapacità di affermarsi, viene trasformata in una superiorità morale! “La non-violenza è la più grande virtù”, dicono — questo è esattamente ciò che ho sempre denunciato come la grande menzogna della morale dei deboli! Hanno preso la loro incapacità di combattere e l’hanno elevata a principio morale universale. Ma non fraintendetemi — non celebro la brutalità della storia. Il mio disprezzo è riservato all’ipocrisia, a quel velo di nobili menzogne che gli uomini tessono quando mancano del coraggio di riconoscere le vere forze che guidano le loro azioni. La vostra “pace giusta” è come l’agnello che predica il vegetarianismo al lupo — e lo fa solo perché teme di essere divorato!
Quindi lei afferma che il concetto di “pace giusta” nasconda in realtà una resa mascherata?
Esattamente! Parlare di “pace giusta” è già un controsenso. La giustizia, così come la morale, non sono valori assoluti ma strumenti della volontà di potenza. Quando un pacifista invoca una “pace giusta”, sta già ammettendo implicitamente che esistono condizioni alle quali la pace è accettabile. E quali sono queste condizioni? Quasi sempre quelle imposte dal più forte! Il pacifista non se ne accorge, ma sta legittimando la legge del più forte mentre crede di combatterla. La sua “pace giusta” è spesso solo la pace che conviene al vincitore, ammantata di una patina di moralità per renderla digeribile ai vinti. È precisamente una “resa giustificata” – un’ammissione di sconfitta che si traveste da scelta morale superiore! Ecco l’astuzia suprema della morale dei deboli: trasformare la necessità in virtù, la capitolazione in “decisione etica”. Ma la volontà di potenza opera anche in questa mascheratura – è il tentativo dei vinti di preservare un briciolo di dignità, di potere, attraverso l’illusione di aver scelto ciò che in realtà è stato loro imposto!
Molti la accuserebbero di cinismo…
[Ride] Il cinismo è l’onestà dei forti! Mi accusano di cinismo coloro che non sopportano di vedere svelate le proprie illusioni. Ricordate cosa ho sostenuto in Al di là del bene e del male? La verità è dura. Ma più dura è l’illusione di possederla già. Il mio martello filosofico ha il compito di spezzare gli idoli vuoti, incluso quello di una pace che sia possibile senza comprendere la natura dell’uomo e il gioco delle forze in campo. Non è cinismo, è lucidità!
Se, come lei suggerisce, tanto la pace quanto la guerra sono espressioni della volontà di potenza, dobbiamo concludere che il conflitto sia inevitabile? Non rischia questa visione di essere interpretata come una giustificazione della violenza in un’epoca già segnata da conflitti devastanti?
Il conflitto non è semplicemente “inevitabile” – è costitutivo della vita stessa! Dove c’è vita, c’è lotta per il predominio. Non esiste un solo processo organico che non implichi l’assimilazione, l’espansione, l’imposizione di una forma. La volontà di potenza si esprime tanto nella guerra dichiarata quanto nella pace apparente – solo con maschere diverse. Ma attenzione! Non confondete questa diagnosi con una prescrizione. Comprendere la necessità del conflitto non significa glorificare le sue forme più distruttive e volgari.
Ciò che critico è l’illusione che la pace possa esistere come sospensione della volontà di potenza. La vostra pace è solo un altro campo di battaglia, dove altre forze si scontrano con altri mezzi! La questione vera non è se eliminare il conflitto – cosa impossibile! – ma come sublimarlo, come trasformarlo da distruzione bruta in creazione di valori.
Quindi non nascondetevi dietro l’etichetta del “pacifismo”! Abbiate il coraggio della vostra volontà di potenza! Dite chiaramente: “Ecco ciò che voglio, ecco la forma di vita che affermo!” Questa sarebbe almeno onestà – e l’onestà è l’unica virtù che precede tutte le altre. Gli uomini liberi non temono di guardare nei propri abissi e di riconoscere i propri desideri. Solo i mediocri hanno bisogno di mascherarsi dietro ideali universali!
Una parola finale per i nostri lettori?
Diffiderei — e voi dovreste fare altrettanto! — di ogni mercante di soluzioni semplici. Costoro sono come venditori di pozioni miracolose nelle piazze: il loro unico talento è l’inganno! La pace? Un’oasi nel deserto della storia umana — non uno stato naturale, ma una conquista che richiede la durezza del diamante nell’anima! Quando scrivo che “vivere è essenzialmente appropriarsi, offendere, sopraffare”, non sto invitandovi a una festa di barbarie. Sto strappando la benda dai vostri occhi! L’unica domanda degna è: come trasformare il conflitto in danza anziché in mattatoio? Questo richiede un superuomo, sì, che trasforma la propria volontà di potenza in auto-superamento perpetuo, in una danza zarathustriana dove il «tu devi» della morale tradizionale diventa l’«io voglio» della libertà creatrice. Non è l’uomo potenziato nei suoi istinti distruttivi, ma l’uomo che ha superato l’uomo, che ha fatto della propria esistenza un’opera d’arte e non una guerra di annientamento!
Ma quanti di voi hanno il coraggio di scalare questa vetta? Quanti preferiscono il conforto delle proprie catene, chiamandole “valori morali”? E voi, là fuori, siete pronti a guardare in faccia l’abisso, senza battere ciglio?
Glossario
- Volontà di potenza: Concetto fondamentale nella filosofia di Nietzsche che indica la forza vitale insita in ogni essere vivente, l’impulso non solo all’autoconservazione ma all’espansione e al potenziamento.
- Herbert Spencer: Filosofo e sociologo inglese (1820-1903) che applicò la teoria evoluzionistica darwiniana ai fenomeni sociali e psicologici, sviluppando il concetto di “sopravvivenza del più adatto”. Spencer interpretava l’evoluzione come un processo di progressiva adattabilità verso l’equilibrio e la conservazione, visione che Nietzsche criticò esplicitamente contrapponendovi la sua teoria della volontà di potenza come impulso all’espansione e al potenziamento piuttosto che alla mera conservazione.
- Morale degli schiavi: Termine nietzschiano che identifica la morale basata sul risentimento dei deboli, che trasforma la debolezza in virtù morale e condanna la forza come malvagia.
- Superuomo (Übermensch): L’ideale nietzschiano di un essere umano che supera le limitazioni morali tradizionali e crea nuovi valori.
Riferimenti bibliografici
- Nietzsche, F. (1886). Al di là del bene e del male. Preludio di una filosofia dell’avvenire
- Nietzsche, F. (1887). Genealogia della morale. Uno scritto polemico
- Nietzsche, F. (1888). La volontà di potenza. Frammenti postumi ordinati da Peter Gast e Elisabeth Förster-Nietzsche